Perchè uno “stronzo” diventa un capo

Perchè uno “stronzo” diventa un capo

20 febbraio 2019

C’è un’aforisma, di Michel de Montaigne, un po’ crudo, ma realistico. Recita: “anche sul trono più elevato del mondo si è pur sempre seduti sul proprio culo“. Non si sprecano poi i detti: “hai la faccio come il culo”, “hai avuto un gran culo”, eccetera. Anche uno noto regista veneziano, Tinto Brass, ne ha fatto un’icona. Impreziosendola con frasi tipo: “meglio passare ai posteriori che ai posteri”; oppure “sul piano etico il culo è più onesto della faccia, non inganna, non è una maschera ipocrita”, per chiudere con “non basta avere un bel culo per far carriera se non c’è una mano che lo spinge avanti”.

Sappiamo che il direttore artistico dei fondoschiena pensava alle donne, ma si può benissimo far valere per gli uomini. Nel mondo del cinema, della televisione, della politica, e di tutti i giorni. Noi apparteniamo al regno animale e, mentre “il cane lecca la scodella”, “il gatto il pelo”, “il bue si lecca il naso”, gli uomini, naturalmente, per rincorrere il successo “leccano i piedi, le scarpe, gli stivali, ma soprattutto i culi”. Nei secoli dei secoli.

Lambere nates e lingere culum, sosteneva Catullo. Dante Alighieri, accompagnato da Virgilio nel Canto XVIII della Divina Commedia, all’Inferno intravede Alessio Interminei da Lucca, un leccaculo instancabile, “di merda lordo”, essendo stata la sua faccia sempre troppo vicina alle terga dell’adulato di turno. Il Sommo Poeta li odia e usa un linguaggio crudo e scurrile, per frapporre una distanza fra se’ e questi dannati. Se nel capolavoro dantesco del 1300  sono chiare le pene inflitte, oggi i tempi sono molto mutati.

Il drammaturgo Robert Musil, nei primi anni del secolo scorso, nel suo libro “Il lecchino” scriveva : “in sei giorni Dio creò  il cielo e la terra. Nel settimo non creò proprio nulla. Si limitò a compiacersi di quanto aveva già fatto. Eppure anche quel giorno ebbe origine un’altra creatura. Il lecchino. Ebbe origine dall’autocompiacimento”. “L’Altissimo Signore voglia considerare – se posso permettermi di sottoporre la cosa alla Sua altissima attenzione – che io in realtà non ho consistenza”, esordì il lecchino, e il Signore nella Sua infinita benignità considerò. Da tutta questa seppur ridotta esposizione, potrete ben comprendere come la nostra vita di tutti i giorni risenta molto spesso dal “prodotto del deretano”, che può acquisire sembianze umane. Quando sopratutto inizia la rincorsa, del tutto legittima, per primeggiare, per farsi spazio negli svariati settori della nostra società. In questa lotta, per esempio, tra le varie parti del nostro corpo, capirete chi sarà il vincitore.

Quando fu creato il corpo umano, tutti gli organi presentarono domanda per venirne a capo. Disse il cervello: “io sono l’intelligenza e trasmetto gli ordini a tutto il corpo e quindi è giusto che io sia il capo”. Il cuore disse: “io faccio circolare il sangue, sono l’organo più importante, e quindi devo essere io il capo”. Lo stomaco disse : “io trasformo in energia tutti i cibi e quindi è giusto che sia io il capo”. Le gambe dissero: “noi sfruttiamo l’energia prodotta dallo stomaco e facciamo muovere il corpo e quindi è giusto che siamo noi il capo”. E così via via, tutti gli organi proposero la loro idea, più o meno valida. Ma quando toccò al Buco del Culo tutti scoppiarono in una grande risata. Il Buco del Culo, indispettito, si mise in sciopero e non fece più lo stronzo. In poco tempo tutto il corpo stette male. Il cervello divenne febbricitante, lo stomaco aveva i crampi e le gambe non si muovevano più. Così prima di giungere alla morte, tutti gli organi  di comune accordo, decisero che il Buco del Culo doveva essere il capo e lui ricomincio’ a fare lo stronzo. Morale della storia: per essere il capo devi fare lo stronzo.

Roberto Magaraggia

Rovigo Magazine