La pagella della settimana

La pagella della settimana

7 ottobre 2019

Pur non essendo nemmeno beato (solo nel Paradiso di Dante anche i beati hanno la memoria: come si fa, mi chiedo, per chi vive e ricorda, a essere beato?) sono però come San Tommaso, che apparteneva al secondo cerchio dei discepoli di Gesù. Era un artigiano, forse architetto. Era un pragmatico, insomma. Divenne famoso perché fu l’unico a dubitare dell’identità di Gesù che apparve agli apostoli dopo la sua morte. Era un uomo pratico, realista. Come il sottoscritto che non crede, diciamo dubita, al taglio dei parlamentari che dovrebbe avvenire in Parlamento questa settimana. Non credo che la prossima volta che andremo a votare ci saranno 230 deputati e 115 senatori in meno da eleggere. Mi giocherei una cena. Quelle le ho sempre vinte. Vedrete, Lega, DS, Renziani e C. come si comporteranno. Sarebbero finalmente migliaia e migliaia di stipendi che verrebbero a mancare alla partitocrazia. E meno politicanti che, quando mancano con i fatti alle promesse fatte, si scaricano l’un l’altro la colpa. Spero tanto di avere torto, ma credo che mi darete ragione. Voto 4

Un giornale quotidiano nazionale, tre giorni, fa ha pubblicato un articolo molto critico nei confronti della Chiesa cattolica. Faceva riferimento, si legge, all’imperante omosessualità. Un flagello, già emerso da anni sui media mondiali. Che ha interessato centinaia di migliaia di ragazzi che sono stati circuiti e spesso violentati dai sacerdoti. Un terribile scandalo cui sarebbe ora di porre il rimedio dovuto, facendo sì che termini la “prigione” per il clero, il celibato. In fin dei conti sono uomini, esseri umani come noi, impastati da tutti i vizi capitali. In questa cronaca impietosa, veniva addirittura messa in discussione la moralità del Patriarcato veneziano. Dove sembrerebbe, leggendo l’articolo, imperino trame economiche non trasparenti, oltre l’omosessualità. Non belle notizie. Voto 3

Guglielmo Brusco sta combattendo da anni una sua battaglia contro la sanità privata. E’ rimasto uno degli ultimi eredi del comunismo. Ci conosciamo da quell’irripetibile bel periodo che è la giovinezza, delle scuole medie, lui di Trecenta io di Bagnolo Po. E’ ancora convinto che la sanità pubblica debba prevalere. E non ha torto. Solo che la realtà è fatta dagli uomini. Nella patria del comunismo, per esempio, l’URSS, vi erano strutture mediche per la gente, altre per i quadri politici e altre ancora per i big. Oggi l’ Azienda Ulss 5 di Rovigo, pare sia gestita da una persona preparata, ma senza nerbo. Tanto che altri la farebbero da padrone. Soprattutto avrebbe un handicap nei confronti della Regione, il male assoluto per Brusco. Come potrebbe battere i pugni sul tavolo, protestare, par di capire, contro chi lo ha indicato al vertice? Cioè il suo leader e capo leghista, Zaia. Un governatore che, numeri alla mano, amplifica posti letto ai privati sottraendoli al pubblico, afferma Brusco? Voto 5

Non conosco la consigliere comunale di Adria Giorgia Furlanetto ma concordo con lei quando sostiene che l’installazione degli autovelox (in generale) costituisca, per la stragrande maggioranza dei casi, semplicemente “una trappola” per alimentare i bilanci comunali. Dietro le manifestazioni di “sicurezza”, invito a moderare la velocità si nasconde spessissimo solo l’intento di ingrossare le finanze locali. Mettendo le mani in tasca ai cittadini e rovinando più di qualche volta i bilanci familiari, molto spesso in sofferenza. Voto 5

Nei paraggi dell’ufficio del sindaco di Rovigo, come in tutte le anticamere del potere diretto, si forma sempre un’anticamera d’influssi e poteri indiretti. Non c’è persona influente che non abbia questo corridoio. A Rovigheto, il socialista e presidente dei DS, Nello Chendi, dovrebbe farne parte di diritto. Lui invece, secondo il suo pensiero, avendo fornito voti e consiglieri per far trionfare Gaffeo, si è sentito escluso. Glielo ha ricordato tempo fa, con una dura lettera, altroché “gogliardica”. Tanto da attivare, “gli scrivani” che popolano “l’anticamera”. Si sono subito premurati di rispondergli, intestandosi le veci del sindaco. Un modo servile, sostiene Tacito, che mette in guardia chi comanda dalle persone che lodano. A Gaffeo era indirizzato “lo sfogo” del socialista. Era lui che doveva rispondere o, appunto, non raccogliere. Restituendo un manrovescio elitario al suo consigliere. Così è stato. Dopo un faccia a faccia, par di comprendere, avvenuto tra i due, il compagno del senatore Romeo ha pensato bene di restituire “la gentilezza”. Come, direte? Tentando un’altrettanta raffinatezza, non so da quanti compresa. Ha vergato una seconda lettera, fatta giungere ai giornali, a sua firma. Nel mondo della stampa, una “smentita o precisazione”, si ritiene equivalga a ridare visibilità alla vecchia. Credo che questo sia stato l’intento che Chendi ha diramato. Repetita iuvant. Voto 7

Riesce difficile, per un essere umano nato e cresciuto in Polesine, non essere dai genitori battezzato e poi avviato sin dai primi passi dell’età evolutiva verso la religione imperante, la cattolica. Penso sia la strada percorsa dal sindaco di Rovigo. Ora, passo dopo passo, senza piroette di sorta credo abbia compreso che la vera civiltà non consista né nel gas di ASMSET (il cambio del CDA a quando? Prima o dopo il trasloco del Chiosco di piazza Merlin o delle Corriere nella vecchia stazione?) e nemmeno nelle sedute auto celebrative. Secondo il primo cittadino la cultura può diventare il tentativo, o quanto meno il modo di lenire l’incrinatura socio-economico negativa, cui soffre Rovigheto, iniziando a far risorgere lo spirito critico costruttivo. Cancellando le tracce di ignoranza e imbecillità, ancora imperanti. Il tentativo che si è messo in testa è di far eleggere Rovigo capitale italiana della cultura del 2020. La richiesta di un miracolo, che a volte può riuscire: causa il progresso, per contrarietà, o per caso. Voto 8

IN SINTESI: Avevo promesso di scrivere un pezzo “SUL NULLA DELLA POLITICA POLESANA”. Non l’ho fatto, avendo a disposizione troppo tempo libero. Ma vorrei porvi a conoscenza di quanto scritto dal politologo Paolo Feltrin, che svela ai lettori quanto capita dietro le quinte del palcoscenico della politica, e che la stragrande maggioranza dei cittadini non conosce.

  1. Matteo Salvini viene chiamato a guidare la Lega Nord quando è ai minimi storici, dopo gli scandali del fondatore Bossi e Cerchio magico.
  2. Inizia un percorso fatto di slogan, accessi televisivi quotidiani che spingono nella direttrice pancista degli italiani: immigrazione irregolare e difesa personale. Temi alimentati da una sinistra ottusa che da anni ha abbandonato gli operai e le periferie per risiedere in zone ZTL per il popolo, come Capalbio. (quando si perde Ferrara, Stienta, Occhiobello significa che ci si sta portando alla frutta).
  3. Nel giro di pochi anni riesce a rilanciare il partito, arrivando a imitare gli anni migliori di Bossi, come numero di parlamentari e senatori raggiunti nelle ultime elezioni politiche.
  4. I governatori del Nord, stufi di lavorare e pagare per il Sud, chiedono autonomia: una forma che possa imitare le esistenti incredibili Regione Autonome, ancora in essere.
  5. Nel contempo, però, le mire espansionistiche del “Capitano” travalicano la Padania, per arrivare sino in Sicilia. Dove ritrova e aggancia orfani della vecchia politica e del “malaffare” che accorrono, come sempre, a sostenere chi ha i “schei” e comanda.
  6. Il tempo passa ma, seppur al governo, le Autonomie promesse dal governo verde-giallo tali rimangono. I governatori iniziano a dubitare della politica salviniana. Il Capitano capisce che non può più menare il can per l’aia. E, visti i sondaggi che lo premiano, decide di chiedere le elezioni. Così aumenterà i parlamentari e forse avrà i numeri in Parlamento per attuare ciò che Zaia e C. chiedono.
  7. Sapendo benissimo che, con i numeri che ci sono oggi in Parlamento, l’autonomia che chiedono non passerà mai.
  8. Inoltre realisticamente intuisce che il Sud, cui i fondi statali verrebbero tagliati, non lo seguirebbe più ad Autonomia approvata.
  9. Sbaglia però tempo e metodo. I comunisti lo fregano, non mantengono la promessa di accodarsi e richiedere le elezioni anticipate a Mattarella. Anzi, colgono l’occasione di resuscitare dall’agonia nella quale stavano lentamente scivolando, accettando di formare il governo giallo-rosso.
  10. Ora abbiamo un governo. Chissà quanto durerà, e cosa accadrà dopo?
  11. La Lega nel frattempo cala nei sondaggi, come accade a chi non detiene le leve del potere. Da aggiungere che Giorgia Meloni, leader di FLI, non fornirà mai i voti utile per realizzare quella autonomia ipotizzata dai governatori settentrionali. E’ rimasta l’unica espressione nazionalista, qualcuno osa dire “fascista”.

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