Il travaso delle idee

Il travaso delle idee

28 novembre 2019

Eccole le giornate, come questa, che ci richiamano alla realtà polesana. Nebbia, umidità, e temperature consone. Erano caratteristiche di un mondo che abbiamo perduto, di una realtà che non ho immaginato, ma vissuto. Dove il senso cristiano prevaleva rispetto alla frenetica ricerca della migliore condizione economica possibile. Come è oggi. Nelle campagne il lavoro si interrompeva, rispettando e accompagnando il riposo del terreno. Le giornate si vivevano andando a registrare, con vanga e badile, i fossi, permettendo alle acque pluvie un perfetto scolo. Nelle famiglie c’era il tempo per stare insieme, giovani e anziani. La comunità non era distolta dai mezzi di comunicazione che hanno massificato pensiero, usi e costumi. Credo di non aver mai visto così tanta creatività nel vestire di donne, e soprattutto uomini, come allora. Eppure avevano un solo vestito che doveva portarli sino alla tomba. Ma ognuno lo indossava dando spazio al loro “gusto”. Gente perlopiù povera, ma ricca di sentimenti e valori. Soldi in tasca non ne ho, ma lassù mi è rimasto Dio, cantavano i Nomadi. Insomma la loro vita, assai più breve, era comunque vissuta più umanamente, non dico felicemente. Oggi si corre dietro a non si sa che cosa. Ed è questo il guaio più grande. Vivere male e morire peggio, in modo disumano. Anche gli anziani, i vecchi erano considerati un tesoro. Erano rispettati. Avevano del potere. Mi ricordo che, proprio in base a questo assunto, esageravamo quando ci veniva chiesto quanti anni avevamo. Oggi non solo si ricorre alla chirurgia estetica, ma si vuole apparire sempre più giovani. Allora le giornate si consumavano all’aria aperta, nei campi, sotto il sole e il vento. Si cantava e ballava nelle corti, dividendosi un pezzo di pane. Oggi una politica incapace, direi strabica, in un territorio vocato come il nostro all’agricoltura, una Mesopotamia senza i Sumeri però, ci porta la tanto sbandierata “Amazon”. Che già lancia la “sua mostruosità”, la violenza ottica nel mega edificio in costruzione, visibile a chi imbocca la superstrada per Verona. Darà la possibilità di lavoro a 2000 addetti, dicono, una serie di persone perlopiù “disperate”, secondo il mio modo di vedere. Si tratterà, più che una rincorsa al futuro, di un ritorno al passato. Di una nuova forma “di schiavitù”. Tutti quelli che vi hanno lavorato, ma anche intere trasmissioni televisive, parlano di “turni massacranti, condizioni lavorative disumane”. Credo che per il Polesine, ancora una volta, si sia imboccata la via sbagliata, checché se ne dica.

Pensieri: C’é una cosa peggiore che diventare vecchi, quella di voler essere sempre giovani.

Rovigo Magazine