A Zaia la pagella dell’anno

A Zaia la pagella dell’anno

27 dicembre 2021

La cultura, dall’istruzione superiore, secondaria, primaria alla prescolastica, sono in vacanza natalizia. Quando però le palestre del sapere si interrompono per più tempo, iniziano i guai seri per una società moderna che dir si voglia. Aggiungiamoci poi un dato di fatto: siamo tutti schiavi, chi della passione, chi della bramosia, chi dell’ambizione. Della paura tutti. Per questo sarebbe quanto meno utile districare quella tela di superstizione e ignoranza che ci imprigiona, e cercare di liberarcene. Ragionando. Almeno in parte. Bisogna essere quanto meno temerari per esprimere oggi una critica, un giudizio sul presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Come per un napoletano su San Gennaro. Ma, rispettosi del proverbiò “Scherza coi Fanti ma lascia stare i Santi”, disarcionamolo una volta tanto dal suo Royal Col, l’amatissimo cavallo Quarter House, morto pochi mesi fa. Facciamo il mestiere di giornalista. In tempi in cui tutta la stampa più che fungere da cane da guardia è divenuta cane da salotto. Prona. Sdraiata. Con la bava sulla penna. Zaia santo subito. C’è solo un grande, Crozza, che, usando intelligenza e ironia, lo ha fatto scendere dalla predella cui è stato issato. In realtà si tratta di criticare un presidente, un sovrintendente (ma come si fa a definirlo governatore, Doge, se si è letto la Storia della Serenissima Repubblica ?) che sovente non partecipa alle riunioni del Consiglio regionale, in spregio soprattutto ai suoi adepti. Che lo temono. Sanno che ci tiene ad essere “prima donna”. Lo ha compreso il professor Andrea Crisanti fatto fuori in quattro e quattr’otto. Eppure era stato lui, con l’intuizione di chiudere Vo’ Euganeo per Covid, a proiettarlo indirettamente all’attenzione dei media nazionali come un novello taumaturgo. Ma quando giornali e televisioni cercavano il professore padovano e non lui, ha deciso: fuori. Non tollera altre soubrette. Basti osservare Manuela Lanzarin che lo assiste estatica alle comparsate quotidiane, come la Muta di Raffaello, eppure è lei l’assessore alla sanità. Se aggiungiamo che in dieci anni di gestione delle leve del potere non ha prodotto nessun progetto strategico, e imporre la regione al secondo posto in Italia per cemintificazione del territorio agricolo. Con in testa la provincia di Treviso. Si è limitato a gestire il quotidiano e completare i disegni di chi lo aveva preceduto. Ecco la sua carta d’identità. Nonostante la bufala del Referendum “sull’Autonomia”, ia-ia-0 come lo Zio Tobia, costata decine di milioni di euro e posta da un quinquennio in frigorifero. Allora perché è stato stravotato, vi chiederete? Beh, innanzitutto se nelle Regionali gli si contrappongono “personaggetti” tipo una Alessandra Moretti o un Arturo Lorenzoni, vincere è oltremodo facile. E non voglio sposare la tranciante analisi del professor Umberto Galimberti che afferma che il successo dovuto a certi personaggi si deve alla diffusione dell’ignoranza, che premia chi offre soluzioni emotive e sempliciotte a un gregge. Popolo che è tenuto incollato quotidianamente da due anni al “medico di famiglia Zaia”. A Reti unificate. Che in ogni apparizione gli infila dolcemente la “supposta del contadino” in grado di rasserenare una cittadinanza, come quella veneta, dove il farmacista, il dottore e il prete fanno comunità. E ancora di moda, a distanza di 56 anni da quel meraviglioso film di Pietro Germi “Signore e Signori” ambientato in quel teatrino di Treviso. Dove commercianti, professionisti e industriali, nascosti dietro una facciata di perbenismo, ne combinano delle belle. Alla fine però sono sempre assolti dal perdono cristiano (cercate il film in internet e andatelo a vedere). Ma, nonostante la strombazzata e meravigliosa sanità veneta (provate a confrontarla con quella dell’Emilia Romagna, per esempio?) siamo ancora a un passo dall’Arancione. E continuiamo con il “Giallo” dei  morti e contagiati. Dove gli ospedali pubblici sono in agonia e non curano più le altre patologie che ogni giorno producono morti, ben superiori a quelli “per Covid”? Dove nei Pronto Soccorso, invece di essere dotati dei migliori medici muniti di esperienza e capacità, si inserisce  “personale a gettone” preso da cooperative. Possibile che non si sia compreso che è il luogo in assoluto più importante di un ospedale? Dove chi ha capacità ed esperienza può nel giro di pochi minuti salvare delle vite? Ragionateci sopra. Considerate, inoltre, che registriamo una popolazione ubicata nel vecchio policentrismo regionale e ben distribuita. Distante dagli assembramenti delle grandi città. Nonostante ciò siamo con l’acqua alla gola. Sapete perché?  È stata gradualmente smantellata la sanità pubblica col supporto di quel direttore generale, Domenico Mantoan, (leggete il corposo pamphlet composto da innumerevoli e documentati articoli di Guglielmo Brusco, di Trecenta) promosso ora a gestire l’Agenas nazionale. L’innamoramento in politica non è ragionamento, inutile rimarcarlo. Se poi si agisce attraverso quella sorta di neo doroteismo sfoggiato dal leghista trevigiano, che usa toni sempre pacati, sempre concordi, che intercala dialetto a qualche sfondone come noi, popolo, diviene automaticamente “uno di noi”. Sempre però allineato: a Bossi a Maroni a Salvini. Così la continuità è garantita. Per tre anni è stato vice del “ladro Galan”, fotografato entusiasta mentre firmava i primi cassoni del famigerato Mose. Per non dire dell’amicizia che lo lega a quel Fabio Franceschi di Grafica Veneta , quello delle mascherine di carta regalate alla Regione, tanto da fargli allora dire che “…entrerà nella storia…” , si ma quella giudiziaria, che sfruttava i lavoratori stranieri, naturalmente a sua insaputa. O degli industriali trevisani, i Benetton? L’avete mai sentito randellarli per il Morandi? “Cifra”, come lo definisco, non si è mai scomposto. Svincola. Quando appare in quei due minuti di televisione snocciola solo numeri. Mai sentito pronunciare un discorso programmatico. La lezione del come vestirsi, dello stare a tavola, del comunicare l’ha ricevuta dal quel maestro che si chiama Giampiero Beltotto. E in questa società dello spettacolo è ciò che conta per tenere la scena.

SI CONSIGLIANO CORSI DI RECUPERO

Lezione prima.

Rovigo Magazine

I commenti sono chiusi