Vita amore morte oblio

Vita amore morte oblio

16 novembre 2022
In tutta Italia si è da poco conclusa la festa in onore dei morti. Chi ha  avuto lutti dedica quel giorno alle visite al camposanto, portando fiori in ricordo. Riflettendo mi sono posto una domanda: esiste anche per i nostri defunti “l’imperitura memoria”, destinata a non far venir mai meno il loro ricordo? O il trascorrere del tempo estingue tutto? In particolare in quest’epoca di Facebook e TikTok che sterilizzano la cultura orale, e azzoppano la memoria aumentando il grado di cancellazione di tutto ciò che è concepito per durare in eterno. Come la gioia e l’amore che ci hanno legato a chi non c’è più, nonostante abbiamo trapiantato il loro cuore nel nostro. Tutta questa “presenza” quanto durerà? Probabilmente finché dureremo noi. Poi nulla più, dimenticati per sempre. Chi venera o ricorda bisnonni o trisnonni, per esempio? Misteri irrisolti che la stessa Bibbia ha cercato di affrontare creando un luogo ideale dove far vivere “… gli spiriti dei morti…”. Anche Giovanni, nel Nuovo Testamento, azzardò l’ipotesi “…della sopravvivenza dell’anima…” (Lettere paoline) nel tentativo di giustificare la resurrezione dei morti, più volte annunciata ma mai avvenuta. Domande che quindi creano dei vuoti, spesso incolmabili, che gravano in tutte le famiglie. Oblio che non sempre riguarda solamente la sfera privata. Tanto che i suoi effetti interessano anche Rovigheto che soffre di un handicap grave che deriva dall’ignoranza e mancanza di cultura. Che si è aggravata lasciandoci in tutti i campi una serie di morti non più rimpiazzati. Come per esempio la scomparsa di due persone, anzi personaggi che hanno percorso queste piazze lasciando la loro grande orma senza calpestare nessuno. Mi riferisco alle recenti morti di Gabbris Ferrari (2015) e Sergio Garbato (2017). Uomini di cultura. Li ho frequentati ( con Gabbris ho addirittura condiviso la stessa stanza d’ospedale durante gli ultimi giorni della sua vita ) quando hanno curato le due mostre sul pittore Gino Pinelli ( la prima in Pescheria, l’altra a Palazzo Roverella). Amici, protagonisti che ritrovavi a spasso sotto i portici di quella Rovigheto che va man mano spegnendosi. Con cui potevi parlare su tutto e di tutto, perché dimostravano di essere persone colte proprio quando li incalzavi a proposito di un problema che era al di fuori delle loro professionalità. Oggi i rodigini sentono la mancanza di un negozio, un parcheggio, un marciapiede ma non della cultura. Un modo di vivere strabico che produci molti danni. Ai rovigotti invisibili ma non ai “ cannocchiali “ che mettono meglio a fuoco i problemi, visionando da lontano quelle che sono le nostre magagne. Trasferendole poi nero su bianco stilando le classifiche che ci retrocedono agli ultimi posti dei comuni italiani (Sole 24 ore).
Rovigo Magazine

I commenti sono chiusi